una rosa d'oro
La storia e... le piccole storie
CATERINA II LA GRANDE
ZARINA DI TUTTE LE RUSSIE
UN SOLO SCOPO: IL POTERE
Non è raro nella Storia che un
nobile, nato in una nazione e là cresciuto, apparentemente destinato a ruoli secondari per nascita e posizione
economica, assurga all’improvviso a più alti destini e finisca, per capriccio
della sorte, col governare uno Stato fra i più importanti del mondo.
Fra coloro che furono destinati a
tale ventura non di rado troviamo una donna, come colei di cui qui si parla: Caterina II di Russia.
Di lei non c’è storico che non abbia
scritto, formulando in ogni caso giudizi contrastanti,come spesso avviene per i
personaggi storici molto famosi.
Ciò non toglie che non si sia detta
ancora l’ultima parola su un personaggio così controverso, di cui, accanto alle
lodi per le capacità intellettuali e di governo, per l’apertura nei confronti
della cultura e delle riforme, si trovano notizie disdicevoli sui comportamenti nell’ambito della famiglia.
Tra esse si annoverano la probabile congiura
per l’uccisione del marito, lo Zar Pietro III, di cui prese il posto per
governare lunghi anni, e l’estrema libertà delle relazioni amorose che destarono
scalpore in tutte le Corti d’Europa.
Qualunque sia il giudizio critico che
si possa dare su Caterina II di Russia,
l’unico dato obiettivo che si riscontra nel suo operato è quello che, qualunque
fosse la ragione di una sua decisione e per qualsiasi motivo essa agisse,
l’unico scopo che perseguiva era l’acquisizione e il mantenimento del potere.
Questo imperativo categorico fu
sempre presente in lei e dominò le sue
azioni obbligandola a tralasciare la sacralità dei vincoli matrimoniali e del sangue, dell’amicizia e
del ruolo che rivestiva nello Stato, che
fu l’unico a trarre benefici dalla sua visione dell’esercizio di un potere che
passò alla storia come “Assolutismo Illuminato”, insieme a quello dell’Austria e del Granducato di
Toscana, dove le idee del Settecento
lasciarono qualche traccia concreta della Filosofia dei Lumi.
DALLA NATIA STETTINO...
Quando
nacque, il 2 maggio del 1729, a Stettino in Pomerania, estrema zona del Nord
prussiano, le fu imposto il nome di Sofia Augusta Federica.
La
madre era la Principessa Joanna Elisabeth Holstein-Gottorp, il padre, Christian
August di Anhalt-Zerbst, che, pur essendo Principe anch’egli, era di modeste capacità
economiche e viveva facendo l’ufficiale nell’esercito prussiano.
Il
fratello della madre, Principe Karl August Holstein-Gottorp, era stato promesso sposo
della Principessa Elisabetta, che sarebbe poi divenuta Zarina di Russia.
Egli
però morì all’improvviso, ed Elisabetta, per altro già imparentata con la
famiglia degli Holstein, mantenne un legame affettuoso con tutti i suoi membri,
tanto che,molti anni dopo, quando fu il momento di cercare una sposa per il nipote ed erede,il Granduca Carlo Pietro
Ulrico, scelse la giovane Sofia Augusta, allora quattordicenne, e la volle con
sé prima delle nozze perché imparasse il duro mestiere di imperatrice.
La
giovane Principessa tedesca aveva avuto nell’infanzia istitutrici francesi, che,
oltre a farle studiare le lingue e le letterature classiche e contemporanee,
l’avevano anche introdotta allo studio della filosofia e alla lettura degli autori del pensiero illuministico allora in auge,
come Voltaire, Montesquieu, Diderot, che poi l’avrebbero incontrato e
conosciuto personalmente una volta divenuta Zarina.
Sebbene
fosse giovane, Sofia Augusta aveva
provato subito interesse per la cultura, e quando si recò in Russia, quantunque
soffrisse la solitudine e ancor più la mutevolezza degli atteggiamenti della
Zarina che pareva cordiale e gentile a momenti, per poi rivelarsi distante e
scortese subito dopo, si chiuse negli studi e si diede alla lettura dei
classici, tra cui gli Annali di Tacito
che, a suo stesso dire, le insegnarono come in tutte le Corti imperiali
albergassero, anche nell’antichità, l’invidia, la doppiezza, l’inganno e una
ricerca smodata del potere a tutti i livelli.
Comprese
dunque che , se avesse dovuto un giorno governare quel paese, avrebbe dovuto
accettarne la mentalità e capirne le esigenze, spirituali e materiali.
Per
questo anzitutto lei, che era protestante, si convertì alla religione
ortodossa, e, ribattezzandosi, scelse un nome nuovo, molto caro ai russi, il
nome di una Santa loro protettrice, Santa Caterina.
Il
suo nuovo nome fu perciò Jekaterina Alexejevna, europeizzato poi in Caterina.
…AL
TRONO DEGLI ZAR
Nel
1745, a soli 16 anni, Caterina sposava il Granduca Pietro. Andavano ad abitare
nel Palazzo d’Inverno, la mitica dimora
Il
Palazzo era stato rinnovato ed ampliato da un architetto italiano, Francesco
Bartolomeo Rastrelli, secondo una libera interpretazione dello stile Barocco da
cui non sono assenti chiari richiami al Classicismo.
Le
nozze però non ebbero un esito felice.
Frattanto
la vecchia Zarina moriva, e il marito di Caterina saliva al trono col nome di
Pietro III, portando con sé tutti i vizi di cui poteva essere capace la sua
natura brutale e rozza.
Egli,
infatti, era dedito all’alcool, si circondava di donne e individui di dubbia
provenienza e di malaffare, era malvisto dalla nobiltà con cui invece Caterina,
ormai Zarina, aveva intessuto buoni rapporti.
Durante
la sua permanenza in carcere Pietro III fu ucciso, probabilmente con il
concorso di Gregorij Orlov e dei suoi, e per conseguenza il trono fu ereditato dalla consorte, la Zarina Caterina.
MOLTI AMORI, MOLTI INTERESSI
Tra
il padre del suo primogenito ed erede al trono e quello del secondo figlio
maschio Caterina aveva avuto un’altra relazione amorosa con Stanislao
Poniatovski, nipote del Re di Polonia, da cui era nata una figlia,Anna, vissuta
solo qualche anno.
Da
questo giovane cortigiano, a lei legato da vero amore e perciò pericolosamente
scomodo, la Zarina si disimpegnò presto, sostituendolo con quel Grigorij Orlov che in seguito le diede
manforte nel liberarsi del marito, lo Zar Pietro III.
Della devozione e dell’affetto sincero di Poniatovski però Caterina tenne conto e volle premiarlo aiutandolo a salire sul trono della Polonia, sventurata nazione che già prima dell’avvento al trono di Caterina viveva una lacerazione che aveva origine in cause diverse, politiche e religiose all’interno, mentre dall’estero l’Austria e la Prussia- poi anche la Russia- ne pretendevano lo smembramento per impadronirsi ognuna di una parte del territorio polacco.
Di
fatto, la questione polacca innescò altri gravi problemi, che determinarono le
guerre tra la Turchia e la Russia, cui parteciparono l’Austria e la Prussia,
mentre la Russia allargava i suoi confini annettendo la Crimea e alcuni
territori appartenenti alla Turchia,tra cui l’Ucraina.
L’alleanza con la Prussia si allentò in favore di quella con l’Austria, mentre la Svezia voleva approfittare del continuo stato di belligeranza della Russia per riprendersi la Finlandia strappatale dalla defunta Zarina Elizaveta.
Con
la Svezia si concluse una pace che non mutava lo stato delle cose; per quanto
riguardava la Turchia, la vittoria della Russia ottenne un ampliamento dei suoi
confini a danno dei Turchi, mentre la Polonia si trovava in condizioni di
sottomissione tale nei confronti della Russia che “il vero sovrano del
Paese….si poteva dire essere l’ambasciatore russo” e non Stanislao Poniatovski
le cui proteste non toccavano più il cuore e la mente di Caterina II, che
continuava a mutare gli oggetti della sua attenzione, se, come recitano le
cronache mondane, ebbe ben 21 relazioni amorose nel corso della sua vita da
Zarina.
LA POLITICA INTERNA
Salita
al trono, Caterina, che aveva prefigurato nella sua mente l’ipotesi di
raggiungere il sommo potere per disporre delle prerogative del sovrano che può
realizzare riforme e mutamenti, ritenne che finalmente tutte le idee che
l’avevano affascinata e le teorie che aveva appreso durante gli studi giovanili
e gli incontri personali con i pensatori illuministi ed i filosofi francesi
avevano la possibilità di concretizzarsi, se solo lei avesse voluto e se avesse
trovato l’appoggio dei potenti dell’Impero.
Questi
ultimi non erano per la verità molto propensi ai mutamenti, per paura di
perdere i loro privilegi.
Ma
Caterina fu molto abile: comprese che, addolcendoli con cariche, premi,
denaro,titoli nobiliari avrebbe potuto
attirarli a sé, ed ottenere il consenso per le riforme che già altri sovrani
avevano fatto nei loro stati.
Caterina
sapeva che il suo popolo era ancora molto arretrato e non competitivo sul piano
del commercio e della produzione,in confronto, particolarmente, con le potenze
dell’Europa Occidentale.
Anche
dal punto di vista militare, sebbene i risultati delle campagne di conquista e
di espansione dell’Imperialismo russo fossero positivi ai fini
dell’accrescimento della potenza di Caterina II, ella sapeva bene che la
struttura dell’esercito era antiquata, gli strumenti bellici obsoleti,gli
ufficiali provenienti per tradizione dalle migliori famiglie della Russia erano
spesso assolutamente all’oscuro della
strategia e della tattica militare.
Cominciò
per questo col riformare le scuole superiori per i Cadetti della Fanteria,
creando un Istituto nella capitale, quella Mosca che dai tempi di Pietro I il Grande era stata
abbandonata per la bella e raffinata San Pietroburgo.
Del
suo illustre predecessore si propose di seguire l’esempio nell’ammodernare le
strutture amministrative delle regioni e delle città, che rese autonome, nel
favorire i commerci togliendo dazi all’interno del Paese .
Fece
bonifiche nei terreni paludosi vicini alle città del Baltico e lungo i grandi
fiumi russi, come il Don, il Volga e il Dniepr,
Per
rendersi conto personalmente di quali fossero le reali condizioni di vita del suo popolo, più volte intraprese
viaggi nelle varie regioni della Russia.
Spesso
il denaro non era tuttavia sufficiente per attuare i miglioramenti da lei
sperati.
Troppi
non pagavano le tasse, la classe nobiliare e la Chiesa ortodossa avevano privilegi che le esentavano dal versare
allo Stato i tributi che avrebbero consentito la creazione di strutture
indispensabili per il bene del popolo.
La
Zarina non esitò a confiscare , come già aveva fatto Pietro il Grande, i beni
della Chiesa, suscitando malcontento anche nel popolo. Ma era sempre meglio che
alienarsi la simpatia dei nobili.
Caterina
II fece costruire scuole sul modello francese, orfanotrofi, ospedali: erano tuttavia gocce nell’oceano dei bisogni
dell’enorme territorio su cui governava e che col passar del tempo si ampliava
sempre più.
Il
suo desiderio di rinnovare le leggi rendendole più adatte al tempo in cui viveva fu osteggiato da ogni
parte.
Lei
stessa aveva scritto un documento (“nakaz”) a cui desiderava che si ispirassero
gli estensori di un nuovo codice e quando esso le venne presentato , dopo sette
anni di lavoro, si rese conto che non
era cambiato quasi nulla, almeno nella mentalità cui avrebbe dovuto ispirarsi.
Nulla
era come lei aveva immaginato,traendo ispirazione da Montesquieu e da Cesare
Beccaria: non bastava voler cambiare per riuscirvi.
La
mentalità russa era molto lontana da quella dell’Europa occidentale.
Lei
stessa se ne sarebbe resa conto nel momento della necessità.
L’ESPERIENZA
DI PUGACEV
Nei
territori lungo i grandi fiumi Don e
Dniepr si erano da tempo stanziati i Cosacchi, un’etnia costituita da gente
fiera e
Essi,
ai tempi di Caterina II, avevano un capo, chiamato Pugacev, il quale sosteneva
di essere il defunto Zar Pietro III, consorte di Caterina.
Sobillando
i contadini, che vivevano in uno stato di asservimento totale, egli riuscì a
costituire un esercito rudimentale di 26.000 uomini, che chiedevano alla Zarina
l’abolizione della servitù della gleba.
Poiché
questi ribelli costituivano un pericoloso esempio per le plebi contadine che
cominciavano a sollevarsi per ogni dove nel vasto territorio rurale della
Russia, Caterina, che aveva sempre predicato, sul modello illuministico, la
tolleranza e il rispetto dell’individuo, si vide costretta a fare marcia
indietro e a ritornare ai metodi coercitivi per sedare la rivolta.
Dopo
una lunga ed estenuante guerriglia durante la quale la stessa Mosca fu
minacciata da vicino, la Zarina mise in movimento un grande esercito,
ripristinò antichi metodi per catturare Pugacev con l’inganno, e il nemico
vinto venne brutalmente giustiziato a Mosca sulla pubblica piazza.
Così
naufragavano le buone intenzioni di Caterina: e non sarebbe stata l’unica
volta.
L’AVVENTURA DI POTEMKIN
Durante
la rivolta di Pugacev, accanto a Caterina si distinse un ufficiale,che era uno
dei suoi favoriti, poi divenuto Generale e
Egli
condusse in tempi successivi la conquista della Crimea durante la I guerra
contro la Turchia (1768/1774).
Per
le sue vittorie Caterina lo nominò Principe della Tauride.
Col
nome di Tauride si soleva indicare la Crimea ai tempi della Grecia classica.
Potemkin
aveva vagheggiato di sottomettere la Grecia e la Turchia e di farne uno stato
unico che egli stesso avrebbe governato.
Ma
la seconda guerra russo-turca (1787/1792) si concluse senza troppo concedere
alla Russia oltre a quel che già aveva sottratto all’Impero Ottomano: Francia e
Gran Bretagna avanzavano le loro proteste e si dichiaravano disposte a
difendere i Turchi.
Tuttavia
fu possibile alla Russia navigare per il Mar d’Azov e per il Mar Nero, raggiungendo
il Mediterraneo attraverso il Bosforo e i Dardanelli.
Era
questo un miraggio che la Zarina aveva perseguito da tempo,tenendo fede al
programma di Pietro il Grande.
Il
Principe Potemkin, fedele alla Sovrana, volle completare l’opera di lei
popolando i territori di recente conquista che i Turchi avevano abbandonato incolti e paludosi.
Favorì
perciò, d’accordo con Caterina, l’immigrazione di europei nelle zone vicine al
Volga e ad altri fiumi che sfociavano nel Mar Nero, e sulle rive di esso fondò
più d’una città, tra cui Sebastopoli.
Quando
credette di aver compiuto almeno una parte del suo lavoro, invitò la Sovrana a
fare un viaggio lungo il fiume Dniepr per vedere come erano mutati i territori
conquistati.
Ma
i tempi e il denaro non erano bastati per costruire vere case e veri villaggi.
Potemkin
non si perse d’animo.
Fece
costruire case di cartone dipinto, che viste da lontano e navigando sul fiume
sembravano vere, per dare alla Zarina e ai suoi regali ospiti l’illusione che
tutto era stato fatto.
Da
allora in poi, l’espressione “villaggi di Potemkin” sta a indicare
un’operazione di falsa propaganda con cui si vuol ingannare i dirigenti di
altri paesi sui reali progressi del paese ospite, onde convincerli di un
benessere che non è tutto autentico.
La Zarina fece il viaggio in nave, e volle con
sé come ospiti il Re di Polonia Stanislao II, l’Imperatore d’Austria Giuseppe
II, il Principe di Ligne e l’ambasciatore di Francia, il Conte di Ségur, che
null’altro poterono fare se non constatare che la Russia aveva smembrato la
Polonia e poi la Turchia, prelevandone la parte migliore per sé.
Johann Baptist Lampi- L’Imperatrice Caterina II
LA
CULTURA
NELLA
VITA DI CATERINA II
Un
amore che l’Imperatrice russa nutrì per tutta la vita senza mai essergli infedele fu quello verso la Cultura e le sue
infinite forme.
Come
si è già detto, essa aveva ampliato le sue conoscenze giovanili con letture
autonome e contatti interpersonali con personaggi famosi della cultura
internazionale.
Nella
sua condizione di Sovrana di uno Stato di grande rilievo, non ebbe mai
difficoltà ad avere alla sua corte filosofi,
scienziati, scrittori, pittori, di molti dei quali già si sono fatti i nomi,e
che la considerarono “un despota illuminato” ,mentre Voltaire disse di lei che
era “la Semiramide del Nord”.
Essa
stessa amava scrivere, e sebbene le sue opere, brevi o lunghe che fossero, non
avessero un rilievo dal punto di vista letterario, sono tuttavia oggi di
qualche interesse dal punto di vista documentaristico, perché narrano fatti ed
eventi di cui essa fu testimone e di cui è perciò fonte primaria.
Sempre
come Imperatrice del suo Paese, a lei venivano presentate per prima le opere
più pregevoli dell’ingegno non solo russo, ma anche di altre nazionalità, e
perciò non di rado essa poteva godere di primizie straordinarie nel campo delle
scoperte e della possibilità di acquistare oggetti di raro pregio il cui prezzo
non molti avrebbero potuto permettersi di pagare.
Tra gli oggetti d’arte che ella possedette, oltre
a bellissime tele di pittori italiani, fiamminghi, francesi e spagnoli, vi
furono collezioni di opere d’arte pregevolissime che Caterina acquistò da
nobili e gentiluomini costretti a disfarsene per pagare debiti o per poter
vivere lontani dalla patria, come accadde a molti nobili francesi nel periodo
della Rivoluzione.
Caterina
non avrebbe certo mai potuto immaginare che anche la nobiltà russa, riuscita a
fuggire dalla Patria prima del 1917, avrebbe venduto poi i propri beni, sottratti
in tempo alla Rivoluzione sovietica, per sopravvivere.
La
Zarina volle arricchire ed abbellire la città di San Pietroburgo continuando
l’opera dei suoi predecessori.
Chiamò
gli architetti più famosi del tempo, tra cui alcuni italiani.
Gli
italiani avevano già da molto lasciato una traccia duratura del gusto
rinascimentale, classico e barocco nella configurazione urbana della città, ed
erano destinati a continuare nella loro opera di abbellimento e di
ampliamento della parte nuova di Pietroburgo.
Un
gruppo di 255 quadri che l’Imperatore di Prussia aveva commissionato ma non aveva potuto più comprare a causa delle
ingenti spese militari sostenute per la Guerra dei Sette anni fu il primo
nucleo di opere d’arte che Caterina II acquistò dando inizio alla più
straordinaria collezione di preziose testimonianze del passato.
Una parte del Palazzo d’Inverno fu destinata perciò
dalla Sovrana alla raccolta di opere d’arte.
Col
passar del tempo e con la continua crescita del numero di opere raccolte nel
Palazzo, prese forma un museo, detto
l’Hermitage, che a sua volta si ampliò con altre costruzioni aggiunte in
seguito e che tuttora accoglie esempi infiniti della capacità creativa dei più
grandi artisti del passato accumulati per secoli dagli Zar.
Oggi
l’Hermitage è il più grande Museo del mondo, con 2 milioni e 800mila opere in
mostra.
Seguendo l’istintivo desiderio di acquisire ed esporre al pubblico opere di pittura, scultura, glittica, e di ogni genere d’arte,Caterina fece costruire non solo edifici a destinazione museale o li fece ampliare, come accadde per l’Hermitage stesso, ma destinò anche un Palazzo, l’Accademia delle Arti, alle riunioni e agli incontri con personaggi emeriti della cultura internazionale , vero e proprio cenacolo della conoscenza per il suo tempo.
Benjamin Paterssen- The embankment of
Vasilyevsky Island near the Academy of Arts
UN LEGAME IDEALE
Fra le
sculture con cui Caterina II abbellì la città vi fu quella che dedicò al suo
predecessore Pietro I il Grande, opera dello scultore francese Etienne Maurice
Falconet, una statua equestre di straordinario impatto realistico che si eleva al di sopra di un masso di
granito rosso e sul cui basamento c’è una scritta in latino: PETRO PRIMO
CATHARINA SECUNDA , “a Pietro I Caterina II “.
La
dedica esprimeva in poche parole tutto
il programma politico della Zarina Caterina II: essa, nata in un altro paese e
divenuta casualmente Imperatrice di Russia, era stata coinvolta così
profondamente dall’amore per la sua nuova terra da voler continuare il
programma di riforme e di ammodernamento del Paese, da sentirsi erede diretta
dello Zar che per primo aveva aperto la
Russia alla visione occidentale della storia e della cultura.
Quando
la follia iconoclasta della Rivoluzione si abbattè su tutti gli averi dei
Romanov e della nobiltà russa, i rivoluzionari dimenticarono che il patrimonio
artistico della Russia era un bene comune del popolo, e tutto distrussero nella
convinzione che la bellezza dell’arte fosse la testimonianza dello sfruttamento delle classi povere da
parte dei ricchi.
Il secondo e più ferale colpo alle bellezze artistiche della Russia venne dalla II Guerra Mondiale, e, per San Pietroburgo, allora chiamata Leningrado, fu veramente un miracolo dovuto alla buona volontà dei cittadini se gran parte dei tesori d’arte dell’Hermitage furono sottratti alla distruzione recata dalle bombe di Hitler durante il tristemente famoso assedio della città.
LA DIMORA DELL’ESTATE
Tra le tante dimore che gli zar ebbero a disposizione per trascorrervi periodi di libertà dalla vita di corte con i suoi impegni ufficiali, Caterina II preferì il Palazzo che si era fatta costruire a Tsarkoye Selo, poco distante da San Pietroburgo, in un vasto complesso di giardini e padiglioni creati per vivere all’aperto e a contatto con la natura, particolarmente nella bella stagione.
L’esigenza
di avere intorno giardini ben coltivati era stata già avvertita
dallo stesso Pietro I il Grande, il
quale aveva preso spunto
da Versailles in Francia e dai giardini all’italiana che avevano
avuto tanto successo sin dal Rinascimento presso le corti
di tutta l’Europa occidentale quando aveva fatto realizzare i Giardini d’Inverno.
Ma
Tsarkoye Selo era qualcosa di diverso.
Costruita
da Bartolomeo Rastrelli, con lo stesso stile barocco e classico insieme che
aveva segnato il Palazzo d’Inverno a Pietroburgo, la dimora imperiale godeva di
saloni, gallerie ornate di sculture che Caterina aveva acquistato in Europa da
collezionisti di fama, quadri e raccolte di oggetti di gusto squisito che
l’Imperatrice aveva scelto con cura uno per uno.
Non
ultima tra tante meraviglie, c’era nel Palazzo una camera tutta particolare.
Conoscendo la predilezione di Pietro il Grande per gli oggetti d’arte in ambra di rara fattura, l’Imperatore di Prussia Federico Guglielmo I gli fece dono di una straordinaria camera d’ambra, creata all’inizio del 18° secolo da Federico II Elettore del Brandeburgo.
Cofanetto in ambra –Inizio del XVIII secolo-Danzig-Prussia
Per
“camera d’ambra” si intende il rivestimento di tutte le pareti di una camera,
realizzato con mirabili pannelli lavorati sapientemente a mano e incisi con
disegni di fiori, foglie, stemmi e figure che, posti l’uno accanto all’altro,
ricoprivano per intero i muri di una stanza.
Essendo
l’ambra un materiale prezioso che si
trova in natura in pezzi di non grandi dimensioni, si può comprendere il valore
di una realizzazione del genere e della difficoltà a creare un lavoro di tal
fatta la cui sola esecuzione aveva richiesto anni di impegno nel ritrovare la
materia prima e nel portarne a termine la messa in opera.
Dal
Castello di Charlottenburg a Berlino dove era stata impiantata per la prima
volta, la Camera fu spostata in Russia.
Nel
1755 fu collocata nel Palazzo di Tsarkoye Selo e vi rimase sino al 1941, quando
gli invasori Nazisti di Hitler la smontarono, la caricarono sui camions e la
trasportarono –o almeno così dissero – a Koenisberg, quale bottino di guerra.
Ma
lungo la strada per Koenisberg le tracce
della Camera d’ambra si persero, né fu mai più possibile ritrovarle.
Nel
1979 il Consiglio dei Ministri della Russia Sovietica decise di ricostruire il
Palazzo di Tsarkoye Selo, crollato sotto le bombe nemiche, e di restaurare la
Camera d’Ambra, sulla scorta dei disegni e delle fotografie esistenti nel Museo
della città.
Quello
che oggi si vede è dunque la copia dell’originale, sia per quanto riguarda il
Palazzo che la Camera, e sta a testimoniare la tenace volontà di ripresa di un
paese che ha visto distruggere le sue bellezze artistiche e culturali per ben
due volte nell’arco di un secolo, a causa della violenza e dell’incultura degli
uomini, accecati dalla barbarie della rivoluzione e della guerra.
UNA VITA DA IMPERATRICE
Era
ormai la fine del Settecento: il territorio su cui regnava si era ingrandito di
un terzo da quando Caterina II era al potere.
Lei
stessa aveva inviato disegnatori e cartografi per documentare l’aspetto del
vasto impero.
Molte cose erano mutate, per lo più in meglio, anche se, rispetto al punto di vista odierno, il mondo russo di allora ci appare ancora sottoposto all’oscurità del feudalesimo e della prepotenza dei nobili e dei ricchi, fortemente legati al possesso della terra.
Caterina II
Imperatrice di Russia
Caterina aveva voluto fare molte riforme, ma
non aveva mutato le condizioni dei contadini e dei ceti più poveri. Era
prematuro comprendere quel che sarebbe accaduto qualche secolo dopo.
Quando
l’Imperatrice, dopo 34 anni di regno, concluse la sua esistenza, il popolo la
pianse: per esso, rispetto ai tempi, Caterina era stata “la Grande Madre” che
scompariva lasciando orfani milioni di figli.
La
Russia aveva raggiunto come stato la sua massima estensione, si era aperta ai
commerci e agli scambi, aveva imparato, almeno per una sia pur minima parte dei
suoi cittadini, ad apprezzare e a coltivare la cultura.
Le
succedeva sul trono il figlio Paolo con l’appellativo di Zar Paolo I.
Essa
aveva previsto che il figlio non sarebbe stato molto amato e non avrebbe avuto
lunga vita: per questo aveva allevato con l’intento di farne un buon sovrano il
nipote Alessandro.
E fu così come lei aveva immaginato.
Paolo
I ebbe una vita breve: fu assassinato dopo pochi anni di regno, e gli successe
il figlio Alessandro, che aveva sposato Elisabeth von Baden. Anche su di lui
sarebbe sorto più di un fondato
dubbio per aver dato il suo consenso
all’uccisione del padre.
Sembrava
che una maledizione pesasse sul trono imperiale della Russia: il potere si
fondava sul sangue versato da mogli, mariti e figli.
Ormai l’Ottocento apriva le sue porte: di
Caterina la Grande, Zarina di tutte le Russie restava il ricordo ,i quadri
celebri e i monumenti,e l’adorata città di San Pietroburgo dove era trascorsa,
nel bene o nel male, la sua straordinaria vita.
Kate
Catà.
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