una rosa d'oro

La storia e... le piccole storie 


 

 

 

             

F. Winterhalter  -  L’Imperatrice Eugenia.

               

 

LA  BELLA  SPAGNOLA

 

La seconda figlia di Don Cipriano Palafox de Guzman y Portocarrero, Conte di Teba, e di Donna Maria Manuela Kirkpatrick  y  Grévigné  nacque a Granata il 5 maggio 1826, nel “barrio” della Maddalena: le furono imposti i nomi  di Eugenia, Maria, Ignazia, Agostina.

Il padre era Grande di Spagna, la madre discendeva da una  famiglia scozzese. Il nonno materno, William Kirkpatrick of Closeburn, era console degli Stati Uniti d’America a Malaga.

 

Donna Maria Manuela de Montijo

Madre dell’Imperatrice Eugenia

 

La neonata era inoltre nipote di Donna Francisca de Sales Portocarrero, Contessa de Montijo, il cui titolo fu ereditato nel 1834 da Don Cipriano, che diveniva così anche Conte de Montijo.

 

Egli aveva combattuto per i Francesi, ed era divenuto amico di intellettuali e nobili del Paese che aveva tentato di restaurare l’istituto monarchico con l’avvento di Napoleone I sul trono.

Anche la consorte, Donna Maria Manuela, condivideva con lui alcune di queste amicizie, tra cui quella con lo scrittore Prospero Mérimée, che restò legato alla famiglia per tutta la vita.

 

I contatti con la Francia e i viaggi  a Parigi erano molto frequenti, e sia Eugenia che la sorella maggiore Francisca, detta Paca, furono educate, come si conveniva a fanciulle d’alto rango, in un milieu internazionale, all’Istituto del Sacro Cuore di Parigi, dove la futura imperatrice ricevette una formazione cattolica che impresse nel suo carattere una regola per tutta la vita.

 

Una rara immagine

di Prospero Mérimée

 

Accompagnata dalla madre e dalla sorella essa viaggiò parecchio frequentando anche l’Inghilterra  e l’alta società europea, con l’intento non confessato che le buone conoscenze potessero far contrarre convenienti matrimoni  alle due  contessine.

Questo pareva che fosse il desiderio della madre, donna intelligente e colta ma alquanto decisa a collocare bene economicamente e socialmente le figlie, specialmente dopo che nel 1839 il Conte de Montijo morì.

 

Si dice che all’epoca uno degli scapoli d’oro di Madrid fosse il Duca d’Alba, Grande di Spagna e discendente di una delle famiglie più importanti del Paese, per il quale Eugenia sembra che avesse una certa inclinazione.

Ma il Duca le preferì la sorella Francisca, e la sposò nel 1844.

 

Eugenia si considerò tradita dalla sorella, ma la madre era al contrario piuttosto soddisfatta: la maggiore delle figlie aveva fatto un matrimonio invidiabile da tutta la Spagna, restava ora da collocare la figlia minore.

Poiché la terra natia per le sue figlie aveva già dato il meglio di sé, Donna Maria Manuela de Montijo volse la sua attenzione alla Francia, dove si recò con la figlia più piccola.

 

Prima che però la “bella spagnola”, come poi fu detta in Francia, trovasse marito sarebbero passati ancora nove anni, durante i quali madre e figlia frequentarono assiduamente il bel mondo, l’ambiente culturale e quello politico di Parigi, dove intanto maturavano mutamenti epocali in cui anche Eugenia era destinata ad avere un ruolo.

 

 

DALLA  RIVOLUZIONE  ALL’IMPERO

 

Nel 1848 la Francia come altri luoghi dell’Europa fu sconvolta da disordini e tumulti.

A Parigi si combatteva per le strade con morti e feriti, e il vento della rivoluzione soffiava ancora una volta mettendo gli uni contro gli altri i francesi.

Il movimento sovvertitore dell’ordine politico preesistente non  aveva avuto però origini proletarie, ma era stato piuttosto la lotta di una parte della borghesia democratica e radicale e della nobiltà bonapartista e legittimista  contro la borghesia capitalista e l’alta finanza, e si concluse solo dopo un immenso spargimento di sangue e l’intervento dell’esercito contro i rivoltosi.

 

L’Assemblea Costituente eletta col suffragio universale proclamò pertanto la Repubblica.

Votata la nuova Costituzione, fu eletto Presidente della Repubblica Luigi Napoleone Bonaparte, che prestò giuramento e s’installò all’Eliseo.

Gli anni successivi trascorsero in una temperie turbolenta, in cui si alternavano spinte socialiste e progressiste e repressioni reazionarie.

Luigi Napoleone attuava una doppia politica che connotò sempre l’amministrazione del suo potere e che finì per essere la causa della sua fine: egli si dimostrava apparentemente filo-democratico, repubblicano e vicino al popolo, ma nella sostanza era retrivo e dispotico.

 

I contrasti culminarono nel 1851 con un colpo di Stato: represso qualche tumulto nascente, la maggior parte dei Francesi con un voto plebiscitario confermò Luigi Napoleone Presidente della Repubblica per dieci anni.

Il Presidente però tendeva alla ricostituzione dell’Impero, e lo ammise pubblicamente in un celebre discorso pronunciato a Bordeaux.

Intanto riformava la Costituzione (1852) e creava un sistema bicamerale dove i rappresentanti eletti dal popolo non proponevano le leggi ma potevano solo discutere e approvare quelle disposte dal Capo dello Stato.

 

 

F. Winterhalter

Napoleone III Imperatore dei Francesi - 1854

 

La nuova Costituzione preludeva per molti aspetti alla realizzazione dell’Impero, ed era uno strumento già pronto per governare.

Dopo alcuni mesi infatti, con un Senatoconsulto del 7 novembre 1852 fu approvato il  “RISTABILIMENTO dell’IMPERO”  nella persona di Napoleone III e dei suoi discendenti, in mancanza dei quali potevano subentrare i discendenti del fratello Girolamo.

Luigi Napoleone Bonaparte nelle vesti di Napoleone III saliva alle Tuileries.

 

 

NAPOLEONE III  E  LE  DONNE

 

Napoleone III  aveva fama di essere un ammiratore mutevole della bellezza femminile, e lo testimoniavano le innumerevoli favorite che gli erano state accanto prima di divenire imperatore e quelle che egli scelse anche dopo le nozze.

Molte di loro non erano ragazze di buona famiglia, anzi, qualcuna era molto discutibile per fama e moralità, ma tutte poi ebbero delle agevolazioni e un titolo nobiliare conferito loro da Napoleone III divenuto imperatore. Di alcune si disse che avevano avuto da lui dei figli che egli non riconobbe ma che fece riconoscere dai mariti che le suddette signore sposarono in genere dopo aver lasciato l’augusto amante.

 

Tra  le tante,s i ricordano  Désirée Alexandrine Vergeot;  Elizabeth-Ann Haryett-Howard, attrice, figlia di un calzolaio, che però, essendo l’amante di un ricco militare, aiutò Luigi Napoleone quando era fuoruscito a Londra nel 1846 e poi si legò a lui per il tempo che egli fu Presidente della Repubblica. Abitava vicino all’Eliseo, e partecipava alle serate di ricevimento privato senza alcun ruolo ufficiale.

 

Fu abbandonata nel 1853, e Napoleone le rimborsò 4 milioni di franchi, offrendole il dominio di Beauregard e il titolo di Contessa che le consentì di sposare l’anno dopo Sir Clarence Trelawny.

Il titolo nobiliare le fu contestato in seguito dalla legittima famiglia dei Conti di Beauregard, e per tacitarla le fu dato un altro predicato, che passò al figlio, Conte de Béchévet.

 

Anche dopo le nozze Napoleone ebbe altre amanti, tra cui vi  fu  una  cucitrice di biancheria che lavorava alle Tuileries, M.me Elisabeth Hauger-Hugenschmidt, di cui si sa che ebbe due figli, uno dei quali fu poi medico dell’imperatrice Eugenia quando era in esilio in Inghilterra.

 

Ma sicuramente la più famosa fu un’italiana, la ben nota Virginia Oldoini, Contessa di Castiglione, soprannominata “la divina contessa”, sposata nel 1854 con uno scudiero del re di Piemonte, che, presentata a Napoleone III nel 1856, ne divenne l’amante nel 1857.

 

Come ben si sa, l’intento dei Piemontesi era quello di piegare la volontà dell’Imperatore a favore del Piemonte, e la Contessa fu accusata di spionaggio allorché fu accertata la sua corrispondenza con il Conte di Cavour, Ministro dello Stato piemontese.

La Contessa fu rimandata in Italia nel 1862, poi tornò in Francia vivendo di espedienti  e qui morì ormai abbandonata da tutti.

 

La Contessa di Castiglione

 

L’ultima favorita di cui si sa, mentre Napoleone III era al governo, fu Valentine Haussmann, che ebbe un figlio.

 

 

NOZZE  IMPERIALI

 

Una volta divenuto Imperatore, però, a Napoleone premeva contrarre un matrimonio legittimo per avere un erede che gli assicurasse la successione e rendesse più solido il pur tuttavia fragile edificio dell’istituzione imperiale che non si fondava su indiscutibili radici dinastiche.

 

Mentre ancora era Presidente della Repubblica egli aveva conosciuto Eugenia de Montijo, in occasione delle feste che egli aveva dato per la sua elezione all’Eliseo.

 

La Contessa di Montijo frequentava altresì certi ambienti politici internazionali che trovavano a Parigi il loro humus migliore, bonapartisti legalisti e fortemente cattolici, che gli erano favorevoli.

 

Eugenia de Montijo

 

A Luigi Napoleone  dunque  era stata presentata la Contessina Eugenia ed egli se n’era invaghito.

Poco dopo essere divenuto Imperatore, Napoleone III invitò per il periodo che precedeva il Natale al Castello di Compiègne -una delle residenze da lui preferite- centouno ospiti, tra cui figurava Mademoiselle de Montijo, Contessa di Teba, accompagnata dalla madre. L’invito prevedeva per gli ospiti un soggiorno prolungato, e diverso a seconda degli ospiti e della loro qualità, partite di caccia nei boschi e gare di tiro.

 

Tutti gli ospiti furono colpiti dalle attenzioni di cui ella era oggetto da parte dell’Imperatore, che tra l’altro il 21 dicembre dopo una gara di tiro al volo le volle fare omaggio di due modernissimi fucili che sparavano solo un colpo per volta.

Il 22 dicembre ella fu invitata ad assistere, nel teatro del castello, dal palco imperiale, ad una rappresentazione effettuata in onore degli ospiti.

Essi per altro già dal mese di ottobre sapevano dell’inclinazione dell’Imperatore, ma la piccola località di Compiègne che non offriva grandi spazi rese quella passione più evidente.

Tre giorni prima, il 20 dicembre, per esempio, M.lle de Montijo, che era un’ottima amazzone,  era ritornata da una passeggiata a cavallo con molto ritardo, perchè il cavallo si era azzoppato.

 

Edouard Giroux - Eugenia de Montijo su

un  cavallo con ornamenti spagnoli - 1854

 

L’Imperatore, estremamente preoccupato, passeggiava inquieto avanti e indietro nella Sala delle Guardie del Castello, attendendo il suo ritorno.

Il 23 successivo ella montò un cavallo delle scuderie personali dell’Imperatore, perché non potesse succedere mai più una cosa del genere...

 

Gli avvenimenti si risapevano nell’ambito del Castello, e poi divenivano aneddoti e storie che si raccontano ancora.

La prima sera  del suo arrivo a Compiègne , dopo la cena, l’Imperatore seguito dal suo Aiutante di campo si avvicinò ad Eugenia, che passeggiava nel giardino con la madre, e le chiese se poteva offrirle il braccio per fare una passeggiata con lei.

 

Allora Eugenia, che vedeva come l’Imperatore non metteva tempo in mezzo per ottenere quel che desiderava, gli rispose che la madre era lì con lei, ed essendo ella la dama più anziana, era a lei che avrebbe dovuto offrire il braccio... e così dicendo prese il braccio dell’Aiutante di Campo, lasciando a Napoleone il compito non certo gradito di far da cavaliere a sua madre.

 

Per esempio,un altro episodio famoso fu quello del “trifoglio di Compiègne”: pare che, durante una passeggiata nel Parco, M.lle de Montijo si fosse meravigliata dello straordinario effetto che le gocce di rugiada facevano su un trifoglio.

L’indomani ella ricevette da parte dell’Imperatore un pendente di smeraldo a forma di trifoglio tutto circondato di brillanti, che poi portò sempre nella sua vita come un talismano e che si può ammirare nei ritratti che le fece il pittore Winterhalter.                                                                                

Si raccontava che Napoleone III avesse inviato a Parigi il suo aiutante di campo con l’incarico tassativo di acquistare un gioiello a forma di trifoglio  in smeraldo e diamanti per farne dono alla Contessa di Teba.

 

Certamente quel soggiorno dovette essere determinante per le decisioni che poi prese Napoleone III nei confronti di Eugenia de Montijo, ma pare che egli dapprima volesse farne, dopo un periodo abbastanza lungo in cui le fece una corte molto assidua,  la sua amante ufficiale.

Si dice che egli, vedendola di mattina affacciata alla finestra del suo appartamento di Compiègne, a pranzo, incontrandola, le abbia chiesto da dove si poteva arrivare nella sua stanza per stare insieme a lei.

-Monseigneur, rispose Eugenia, bisogna passare per la Cappella!...-

 

Eugenia aveva peraltro due buoni motivi per rispondere negativamente a quella proposta: era cattolica, anzi, se le notizie che riguardavano la madre -che si era associata  quando era ancora in Spagna a dei circoli giansenisti- potevano essere estese anche a lei, era cattolica integralista, e, inoltre, divenire l’amante di un uomo tanto famoso poteva voler dire non riuscire poi a sposarsi più, non per lo meno come le ambizioni materne avrebbero desiderato.

E pare che in questo senso la madre  avesse molta influenza su di lei.

Di fatto, la Contessina de Montijo rispose all’Imperatore che o la sposava o l’avrebbe perduta per sempre.

 

La ferma risposta di Eugenia veniva anche da un altro gravoso problema: l’entourage della Corte le era estremamente ostile.

Le donne in particolare non perdevano occasione nell’offenderla, nel mostrarle il loro rifiuto, come quando ad un ricevimento delle Tuileries volendo la Contessina de Montijo sedere su un divano una dama le disse  ad alta voce che i posti erano tutti occupati e che per lei non c’era dove sedersi.

Similmente una dama, che non era certo degna di tal nome, ad un ricevimento dato dall’Imperatore, vedendola giungere le rivolse un apprezzamento molto pesante in cui le rimproverava di essere sfacciata e impudente, ed Eugenia per la mortificazione impallidì e vacillò, e stava per cadere sentendosi mancare.

Di tutto si accorse Napoleone III, che la vide da lontano  quasi svenire, e accorse chiedendole cosa fosse accaduto.

Eugenia rispose che l’avevano offesa ancora una volta, e che l’indomani avrebbe lasciato la Francia perché non era disposta a subire insulti tanto ingiusti.

Egli la rassicurò e affermò che da quel momento nessuno l’avrebbe più oltraggiata.

 

L’Imperatore in quel periodo era in contrasto col suo governo, che desiderava per lui un matrimonio dinastico che avesse reso più accettabile agli altri Paesi europei la sua condizione di Imperatore della Francia, e stava trattando con molta difficoltà una probabile proposta di matrimonio con la principessa Adelaide von Hohenloe-Langenburg, una nipote adolescente (aveva solo 16 anni) della Regina Vittoria d’Inghilterra. La proposta fu però rifiutata.

 

Tuttavia Napoleone III non desiderava fare un matrimonio del genere, che lo avrebbe posto in uno stato di inferiorità rispetto ad una potenza straniera

 

Volse dunque a suo favore la risposta della “bella spagnola” e, dopo aver annunciato il 22 gennaio 1853 al Senato e al Corpo Legislativo riuniti in seduta congiunta alle Tuileries che avrebbe sposato la Contessa Eugenia de Montijo, il seguente 29 gennaio celebrò con lei il matrimonio civile e il 30  dello stesso mese quello religioso nella Cattedrale di Notre Dame a Parigi.

 

Robert Fleury - Le Nozze di Napoleone III

con Eugenia de Montijo - 1853

 

Il matrimonio suscitò non poche proteste nell’opinione pubblica.

Giornalisti e scrittori tranciarono su di lei giudizi durissimi, come quello di Victor Hugo, che incolpava Napoleone III di aver sposato una donna leggera, e Maxime du Camp che la accusava di essere “...superstiziosa, superficiale, sempre preoccupata dell’impressione che produceva, con i capelli tinti, il viso truccato... le mancava, per essere nel suo ambiente naturale, la musica del circo, il galoppo di un cavallo con la martingala, il cerchio da saltare  e il bacio inviato agli spettatori sul pomello della frusta...”

 

Ciò nondimeno il Secondo Impero risplendeva ora di luce propria in un’Europa in cui si andava estendendo il liberalismo economico e in cui si affermavano le spinte nazionalistiche.

 

 

I PRIMI ANNI DELL’IMPERO

 

Per Eugenia furono momenti felici: le feste e i balli si succedevano ai viaggi, e la novella imperatrice espresse il desiderio di andare a passare le vacanze estive a Biarritz, dove era stata da fanciulla.

Napoleone III affittò una villa nella città basca, ma si rese conto che era troppo esigua per accogliere l’intera Corte, che si spostava insieme all’Imperatore e alla sua consorte.

Decise allora di acquistare del terreno nei pressi del mare, per farvi costruire una villa, che fu chiamata “Villa Eugenia” e che fu edificata in soli dieci mesi. La residenza fu, dalla sua inaugurazione e per sedici anni, abitata ogni anno nei mesi estivi dalla famiglia imperiale, tranne negli anni 1860 e 1869.

 

Dal momento in cui vi si recarono, per il tempo che vi risiedevano Eugenia e Napoleone, le feste si succedevano senza interruzione; balli,pic-nic campestri,fuochi d’artificio, crociere in mare, ricevimenti diplomatici.

Durante le serate, nella villa si giocava ai”tableaux vivants”, ai ritratti, alle sciarade, ai “petits papiers”, e si praticava anche lo spiritismo, che l’Imperatrice amava molto, nonostante fosse cattolica.

Si ballava e le dame inseguivano i cavalieri per sceglierli e danzare la quadriglia... era veramente un periodo straordinario, ma destinato a vita breve.

Tuttavia Biarritz era destinata a condividere con Compiègne l’onore della presenza stagionale dei coniugi imperiali e della Corte.

 

Centro di attrazione  per la bellezza dei luoghi, Biarritz con questi eventi divenne altresì un centro mondano di grande richiamo per la nobiltà internazionale. Di essa si diceva che era “La regina delle spiagge e la spiaggia dei Re”.

Ben presto altri sovrani e altri nobili e personaggi famosi  cominciarono a frequentare la località a cui Eugenia aveva dato fama, come la Regina Isabella di Spagna, il Re del Wurtemberg, Leopoldo II del Belgio, i Sovrani del Portogallo, il Principe Albrecht di Baviera, il Principe Walewsky, i Principi di Metternich, gli scrittori Prospero Mérimée e Octave Feuillet, Bismarck e la donna da lui allora corteggiata, la Principessa Orloff.

 

Villa Eugenia, oggi l’Hotel du Palais, a Biarritz

 

Parigi ancora una volta dava l’esempio, ed Eugenia imprimeva il suo segno anche nella moda.

Il fulcro dell’Impero e dell’unità della Francia era Napoleone III, e un figlio ne avrebbe rinforzato il potere.

Eugenia glielo diede nel 1856.

 

Thomas Couture - Il battesimo del Principe Imperiale - 1856 -  Musée National du

Chateau de Compiègne - (la figura dell’Imperatore è acefala perchè le fu

cancellata la testa dopo la disfatta di Sedan)

 

 

EUGENIA IMPERATRICE

 

Quando Napoleone III chiese ufficialmente la mano di Eugenia de Montijo, sia la madre, Donna Maria-Manuela, che l’inseparabile amico di lei, Prospero Mérimée, le avevano già prospettato l’eventualità del caso, e le avevano anche suggerito la risposta che la giovane donna aveva dato all’Imperatore e che era stata decisiva ai fini della soluzione che poi la questione ebbe.

Eugenia non era molto felice di sposare Napoleone III: la forte differenza d’età (ben 18 anni) una certa opposizione dei suoi parenti spagnoli, la ben nota tendenza dell’Imperatore alle continue avventure amorose,la rendevano incerta  se affrontare o no un impegno così gravoso.

 

Poi decise di accettare il compromesso: di fronte agli argomenti della madre, che le faceva prevedere un futuro quale nessun’altra donna del suo tempo avrebbe potuto immaginare, disse che essa sarebbe stata non solo la moglie dell’Imperatore ma sopra tutto l’Imperatrice del popolo francese, che ella accettava come un figlio da amare e da sostenere specialmente nelle difficoltà.

Di educazione cosmopolita, i lati del suo carattere erano in parte spagnoli, anzi, andalusi, in parte inglesi,e risentivano della mentalità britannica del tempo che aspirava alla riconoscenza dei sudditi e ad una tendenza caritativa verso le classi inferiori e ai ceti meno fortunati.

 

Edmond Alexandre Sain - L’Imperatrice Eugenia visita

l’orfanotrofio di Suor Rosalia-Compiègne - 1855 -

 

Il periodo in cui sposò Napoleone III  era il momento dell’ascesa  per l’Impero: l’Imperatore aveva creato i presupposti per dare della Francia -e alla Francia- l’idea che il Paese stava riprendendo il prestigio dei tempi di Napoleone I, e che una grande prosperità avrebbe portato fortuna e felicità al popolo.

L’Esposizione Internazionale del 1855 e le opere pubbliche cambiavano il volto di Parigi.  In Inghilterra la Regina Vittoria con la sua amicizia rinforzava l’unione tra i due paesi.

In quel contesto euforico Eugenia andava approfondendo le sue conoscenze del paese cercando di rendersi gradita agli ambienti difficili e non sempre cordiali della Corte.

I rapporti col consorte non erano però dei migliori: dopo la nascita del figlio egli aveva ripreso il consueto genere di vita, offendendola con lo scegliersi sempre nuove amanti, che esibiva pubblicamente incurante della presenza dell’Imperatrice.

Ella dal canto suo scelse di non creare pubblici motivi di attrito con l’Imperatore, ma lo escluse dal talamo nuziale, impegnandosi sempre più nella politica e nell’educazione del figlio,nonché nell’assistenza sociale  e nelle opere di carità.

 

F.Winterhalter - L’Imperatrice Eugenia

e il Principe Imperiale

 

Dal punto di vista della politica, sebbene si adoperasse nell’intento di consigliare l’Imperatore e di sostituirlo durante i periodi di assenza, l’esito del suo impegno non fu sempre fortunato. In alcuni momenti in particolare

la sorte le fu avversa, come quando durante la campagna d’Italia, che Napoleone III volle dirigere personalmente, ella lo sostituì assumendo per la prima volta la reggenza.

 

L’Imperatore aveva immaginato di poter costituire con l’Italia una confederazione, perciò si era dimostrato sensibile all’unificazione.

Eugenia aveva al proposito idee del tutto personali, radicatesi nel suo animo dai tempi in cui viveva in Spagna: la questione romana la affliggeva molto, e non voleva andare contro gli interessi del Papa.

L’opposizione cominciò ad accusarla di intromettersi negli affari di Stato,

ma Eugenia non rinunciò ad esercitare la sua influenza sull’Imperatore, che, pur non considerandola come moglie, ne cercava i consigli e il conforto per le scelte politiche.

 

F. Winterhalter - l’Imperatrice Eugenia circondata dalle sue dame d’onore - 1855

Musée National du Chateau de Compiègne

 

Eugenia era ormai piuttosto isolata e priva di appoggi personali. La madre, Donna Maria Manuela de Montijo, era stata dichiarata persona non gradita a corte dallo stesso Napoleone III ed era tornata in Spagna, a Carabanchel, dove riceveva notizie di Eugenia per mezzo dell’amico Prospero Mérimée che faceva  sempre da tramite tra madre e figlia.

 

Nel periodo in cui Napoleone III si impegnò ad appoggiare l’Italia e il Piemonte, Eugenia visse anche l’umiliazione di vedersi preferire in pubblico dal consorte imperiale la  Contessa di Castiglione, e poiché in quel tempo frequentava la Corte un alto diplomatico piemontese, il Conte Costantino Nigra, molto devoto all’Imperatrice e a lei prodigo di consigli, in certi ambienti si diffuse un pettegolezzo relativo alla natura dei rapporti che intercorrevano  tra i due.

 

Claude Dubufe - Eugénie de Montijo, Impératrice des Français

 

Un altro filone di chiacchiere cortigiane  sosteneva poi che la Contessa Castiglione dividesse la sua attenzione tra l’Imperatore e il suddetto Conte Nigra: ma in realtà i due si incontravano abbastanza spesso perché la Contessa riferiva al diplomatico i risultati delle sue conversazioni con l’Imperatore francese.

Ciò durò sin quando la bella italiana non fu estradata dalla Francia con l’accusa di spionaggio.

 

L’Imperatrice frattanto disimpegnava tutte le mansioni ufficiali della sua funzione e non si sottraeva a rappresentare i ruoli che il suo rango le imponeva.

 

Jean Leon Jerome - Ambasciatori Siamesi ricevuti da Napoleone III

1864 - Palais de Fontainebleau

 

Furono tra questi le visite ufficiali ai Paesi europei, durante le quali essa fu sempre accanto all’imperiale consorte, e i ricevimenti a corte dei Sovrani e dei  Capi di Governo di altri Stati.

Tra essi, particolare rilievo ebbero le visite scambiate con la Regina Vittoria d’Inghilterra, che dimostrò grande simpatia per l’Imperatrice francese, ricevendone in cambio dimostrazioni di sincera amicizia.

 

Ma altri momenti poco fortunati si presentarono allorché Eugenia si trovò a caldeggiare la spedizione franco-anglo-spagnola di 9000 uomini che doveva insediare Massimiliano d’Austria sul trono del Messico (1862/1867) e che si concluse con l’uccisione del Principe austriaco. In quell’occasione l’opinione pubblica non le risparmiò le critiche più severe.

 

La fucilazione di Massimiliano d’Austria a Queretaro, in Messico - 19 luglio 1867

 

Tuttavia per comune riconoscimento di  molti critici storici, proprio in quel momento storico l’influenza di Eugenia diveniva preponderante, e, quando nel 1865 l’Imperatore fece un viaggio in Algeria, l’Imperatrice venne dichiarata Reggente in sua vece.

 

Una nuova Esposizione Universale si celebrava nel 1867, mentre in Messico veniva fucilato Massimiliano d’Austria, ma lo stato di salute dell’Impero francese non ingannava nessuno: Eugenia, legata indissolubilmente al potere, si consolava delle infedeltà coniugali con una attività politica frenetica che non soddisfaceva i francesi.

 

Nell’ottobre del 1869 inaugurò il Canale di Suez, e fu il suo ultimo atto solenne.

L’anno dopo, la guerra era alle porte. Il conflitto franco-prussiano era maturato lentamente e inesorabilmente, senza una precisa volontà da parte di Napoleone III, ma, per giudizio di molti, con il beneplacito di Eugenia. Il popolo manifestava per prendere le armi, forse in preda ad una smania di travolgere l’Impero, e di restaurare la Repubblica, cosa che già era stata preavvertita dai risultati delle ultime elezioni  che avevano visto aumentare il quoziente del Partito Repubblicano.

 

Napoleone III, nonostante fosse afflitto da frequenti e dolorose coliche renali, appena la guerra fu dichiarata, partì per il fronte insieme al Principe imperiale Luigi Filippo di soli 14 anni, mentre ancora una volta Eugenia veniva dichiarata Reggente.

 

 

Jules Lefebvre -  Il Principe Imperiale Luigi Filippo

1870 - Palais de Saint Cloud

 

 

LA  GUERRA  FRANCO-PRUSSIANA

 

Le cause della guerra non dipendevano solo dalla Francia o unicamente dalla Prussia.

Come altri stati dell’Europa, tra cui l’Italia, anche gli stati tedeschi tendevano all’unificazione e a sperimentare gli effetti dell’unità tedesca con l’Imperatore prussiano e protestante Guglielmo I.

Lo stesso Bismarck desiderava condurre una guerra vittoriosa , quale poteva essere quella contro la Francia, per dimostrare all’Europa il potenziale bellico di cui era capace lo Stato Germanico costituito da Grandi e Piccoli Tedeschi.

 

Il Capo di Stato Maggiore tedesco Generale Moltke conosceva bene lo stato  dell’esercito francese, malridotto dalle spedizioni in Messico, in Africa, nell’Estremo Oriente, con mezzi bellici ormai arretrati, come i cannoni ad avancarica.

Da parte dei Francesi, l’Imperatrice Eugenia desiderava condurre una guerra vittoriosa per assicurare l’accesso al trono del figlio,il Principe imperiale, perché Napoleone III era ormai gravemente ammalato e, secondo molti, prossimo alla fine.

L’opinione pubblica francese pressava per dichiarare la guerra, convinta dell’invincibilità del proprio esercito.

Il caso, poi, fece il resto: un dispaccio, inviato da Ems, dove si trovava l’Imperatore prussiano, a Bismarck, che lo diede in pasto ai giornali passandone una versione tronca e ambigua, fece indignare i Francesi, il cui Ministro Emile Olivier, d’accordo con l’Imperatore, l’Imperatrice e la maggioranza dei Ministri, dichiarò la guerra alla Prussia il 19 luglio 1870.

 

L’imperizia dei generali francesi, le manovre politiche degli uomini di governo e, su tutto, l’esasperante lentezza nel procedere e nel prendere le decisioni che, se fossero state più fulminee, avrebbero potuto giocare a favore dei Francesi, li portarono infine alla sconfitta, per loro dolorosissima, di Sedan.

 

Nei mesi che seguirono Napoleone III fu fatto prigioniero dai Prussiani e consegnò la sua spada nelle mani dell’Imperatore Guglielmo I , che non mancò di umanità nei suoi confronti ma non potè fare a meno di dichiararlo prigioniero, rilasciando però il Principe imperiale che fu portato in Inghilterra.

 

Eugenia, che svolgeva in assenza del marito il compito di Reggente, fu spodestata da Jules Favre, Gambetta, Jules Ferry ed altri uomini politici che avevano occupato posti di governo  e ora proclamavano la Repubblica.

 

Memore di ciò che era accaduto a Maria Antonietta ai tempi della Rivoluzione, Eugenia, aiutata dal dentista americano Thomas Evans che si suppone fosse un agente degli Stati Uniti inviato in soccorso all’Imperatrice in pericolo, fuggì dalle Tuileries e da una città che si preparava all’esperimento della Comune, e si rifugiò ad Hastings in Inghilterra, dove si ricongiunse col figlio Luigi Filippo che vi era giunto proveniente dal fronte di guerra.

 

 

UNA DONNA IN FUGA

 

Eugenia era certamente sconfitta ma non vinta. Organizzò insieme ad alcuni fedeli la sede provvisoria dell’esilio nella località di Chislehurst, non lontana da Londra, dove fu raggiunta dal coniuge , l’ex-imperatore Napoleone III, liberato dai Tedeschi, che sperava di poter tornare di nuovo al potere con un ennesimo colpo di Stato.

Ma la salute era stata lungamente provata dalla guerra e dalla prigionia. Prima di affrontare di nuovo le battaglie politiche che avrebbero dovuto riportarlo al potere, Napoleone, estenuato dalle coliche renali, decise di farsi operare. L’operazione, però, sebbene tecnicamente fosse riuscita, non ebbe l’esito sperato. Napoleone moriva a causa delle complicazioni successive all’intervento, nella residenza di Camden Place a Chislehurst, il 9 gennaio 1873.

 

Eugenia, che aveva, nei lunghi anni di esercizio del potere, maturato una tenacia e una forza che l’avevano sostenuta nelle avversità, superato il periodo del lutto stretto, riprese i suoi contatti politici, tutti volti a creare un forte partito politico all’interno della Francia per elevare al trono il figlio che, intanto, era entrato a far parte dell’esercito britannico, per adempiere agli obblighi del servizio militare che, se fosse stato in Francia, avrebbe svolto nel suo Paese.

 

 

Il Principe Imperiale Luigi Filippo - 1878

 

Nel 1879 ai confini dell’Africa del Sud gli Zulu, con cui la Gran Bretagna conduceva un’estenuante lotta per impadronirsi dei territori da essi occupati ai fini di espandere la colonizzazione, avevano assalito e sterminato  un gruppo di soldati inglesi.

Il Governo inglese decise di inviare una spedizione punitiva per dimostrare agli indigeni la potenza della Gran Bretagna.

 

Il Principe imperiale partecipò al Ministro della Guerra inglese il suo desiderio di fare parte della spedizione, ma egli rifiutò, sottolineando i pericoli insiti  in un episodio di guerra che , seppure si riteneva che sarebbe stato di breve durata, aveva un livello di rischio molto alto.

 

Il Principe non si diede per vinto: pregò la madre di intervenire per lui presso la Regina Vittoria. Davanti una tale pressione, nonostante il Ministro della Guerra si opponesse fermamente, l’autorizzazione fu concessa e il giovane s’imbarcò a Southampton giungendo a  Città del Capo.

 

Circa un mese dopo  il Colonnello Harrison che comandava le truppe inglesi di stanza nella zona di operazioni decise di inviare un gruppo di uomini ai piedi del Monte Itelezi per scegliere il luogo più opportuno per l’accampamento della spedizione e fare i necessari rilievi topografici. Della missione faceva parte il Principe imperiale Luigi Filippo, con una scorta che aveva il compito primario di vegliare sulla sua incolumità.

 

Dopo qualche giorno la località era stata trovata, e la spedizione si stava accampando quando le sentinelle diedero un allarme precipitoso che fu seguito subito dall’apparizione di una cinquantina di Zulu che si scagliarono contro gli inglesi, inferiori per numero.

Il Principe imperiale, che era già sceso dal suo cavallo (il cui nome era “Fato”, ossia Destino...)  tentò di risalirvi ma la sella si ruppe.

 

Corteo  funebre  del  Principe  Imperiale

 

Così esso si trovò faccia a faccia con gli Zulu, contro cui tentò di sparare con la mano sinistra tre colpi di pistola, mentre con la mano destra cercava di trattenere il cavallo.

Ma, colpito da ben 17 colpi di zagaglia, tutti ricevuti frontalmente, cadde, ucciso.

Il suo corpo fu riportato in Inghilterra per nave, e poi a Camden Place , su un affusto di cannone per essere sepolto accanto al padre.

Al funerale volle essere presente, in un gesto supremo di omaggio alla sfortunata famiglia dei Bonaparte,  la Regina Vittoria.

                     

 

UN  FIGLIO  TANTO  AMATO

 

Eugenia, che aveva coraggiosamente affrontato tanti eventi nefasti, come la sconfitta nella guerra contro la Prussia che l’aveva privata del trono imperiale e costretta all’esilio, la morte del coniuge che l’aveva ridotta allo stato vedovile togliendole ogni prestigio e ogni sostegno, apparve subito prostrata oltre ogni dire dalla morte del figlio adorato.

 

In effetti, il Principe era stato un figlio amatissimo tanto dal padre, che lo aveva esibito come il simbolo del futuro del suo potere, quanto dalla madre, che per amor suo era rimasta accanto a Napoleone III per impedire che chiunque altro potesse sottrargli il diritto di succedere al padre sul trono imperiale.

La sfortunata madre non sapeva darsi pace di essere stata lei medesima a chiedere,contro il parere di tutti, che il figlio andasse a combattere in Africa: lei si incolpava di avergli ottenuto dunque quella atroce morte,di avere impetrato perché le zagaglie nemiche spegnessero la sua giovane vita, e con essa ogni speranza di risorgere anche per lei.

 

Nel giorno anniversario della morte del figlio, un anno dopo, Eugenia volle recarsi in Africa, nella selvaggia landa dove il figlio era stato ucciso dagli Zulu.

Incurante delle difficoltà enormi da affrontare per raggiungere il luogo dove era stato ritrovato il corpo del giovane principe, Eugenia cercò a lungo, accompagnata da una scorta: ma la natura lussureggiante aveva ricoperto la terra di arbusti e piante.

 

Napoleone III Imperatore dei Francesi col figlio

Luigi Filippo, Principe Imperiale - 1863(?)

 

Dopo alcuni giorni di ricerca, gli accompagnatori dovettero arrendersi e chiesero alla madre inconsolabile di andar via da quella terra inospitale.

Quando già si levavano le tende, all’improvviso Eugenia ,come toccata da un’ispirazione, si incamminò verso un luogo che sembrava solo lei conoscesse, seguita dalla scorta impreparata alla sua decisione.

 

Per molte ore, attraversando luoghi impervi, lei si dirigeva verso quel punto misterioso che la attraeva senza sosta.

Ad un tratto, si fermò. Era giunta dove le pietre, bagnate del sangue di suo figlio, mostravano i segni della lotta, dove ancora le zagaglie spezzate  presentavano testimonianze evidenti del dramma.

Eugenia sostò in raccoglimento alcuni minuti, quindi tornò indietro senza dire una parola.

Quando arrivarono al campo base, il Capo della spedizione le chiese una spiegazione dell’accaduto.

 

Eugenia de Montijo, Marchesa de Moya - 1880

 

Eugenia rispose che aveva sentito giungere a lei da lontano uno straordinario profumo di violette, il profumo preferito dal Principe, e che esso le aveva fatto da guida sino al luogo ove egli era stato ucciso.

Lei aveva interpretato quel profumo come un segno, e non ne sapeva tuttavia dare una spiegazione.

 

 

GLI  ANNI  DEL  DECLINO

 

Con la morte del figlio veramente ogni speranza di vita si spense in Eugenia, nel senso che non ebbe la forza di progettare più nulla né per sé né per altri.

Ormai l’unico interesse, per qualche anno, fu quello di fare costruire una chiesa  dove fece translare i corpi del marito e del figlio, a Chislehurst, in Inghilterra, dove anche lei sarebbe stata seppellita qualche tempo dopo la sua morte.

 

Eppure, sarebbe sopravvissuta ancora 40 anni alla morte del figlio.

Non c’erano più pittori di corte, come il famoso  Winterhalter, che l’aveva ritratta in tutti i momenti del fulgido passato, con il consorte e con il figlio adorato: ora solo qualche dagherrotipo o qualche fotografia color seppia ce la mostra in gramaglie, assorta nella preghiera, con uno stentato sorriso sul volto invecchiato.

 

Viaggiava per tutta l’Europa, visitando le “villes d’eau” e passandovi qualche tempo per curare la salute.

Era circondata da pochi amici fedeli, per la maggior parte in là con gli anni, come lei.

 

Eugenia Contessa de Moya con alcuni amici

nella sua casa di Chislehurst, in Inghilterra.

 

Restò in Inghilterra molto tempo, ma si recava in Spagna di tanto in tanto, col nome di Contessa de Moya, titolo che traeva origine da una proprietà che aveva acquistato nel 1850 prima di sposarsi, quasi presaga del futuro.

Di lei restava un’immagine scolorita.

 

Nel 1914 la notizia della sconfitta della Germania la riempì di gioia: era la vendetta,un allevio nella vecchiaia.

Tornò in Spagna,visitò Siviglia e a Granata la casa natale.

Morì a 94 anni, a Madrid, nel palazzo dei Duchi d’Alba, suoi nipoti, che lasciava eredi anche del titolo di Conti de Montijo.

Era l’11 luglio 1920.

 

 

 

 Kate Catà-

 

 

 

 

                                                                           

 

 

Bibliografia 

 

-Enciclopedia  de Andalucia- Tomo IV -pgg.1444-1445-Edit.Anel-1979-

-Jean des Cars-Eugenia de Montijo

-Geneviève Chauvel-Inoubliable Eugénie, l’Impératrice des Français

    Ed.Pygmalion-1989

-Desmond Seward-Eugenie : The Empress and her Empire-Sutton Publ.-2006.

-J.Bertaut-1848 et la Seconde République-Parigi, 1937-

-O.Aubry- Le Second Empire  -Parigi, 1938-

-A.Castelot-Napoléon III,T.I^, Des prisons au pouvoir-T II^,

    L’aube des temps modernes-Parigi,1973-74-

 

Da Internet

 

-Napoléon.org-

-Général de Cossé-Brissac-La vie à la Cour des Tuileries sous Napoléon III- 1977.

-Jean-Marie Moulin- La Cour à Compiègne sous le Second Empire.

-Hotel du Palais-Biarritz-France

-Alcalà de la Vega-Eugenia de Montijo,Emperatriz de Francia-

 

 

 

Stendardo di Napoleone III Imperatore dei Francesi

 

 

 

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